MSD ha annunciato, in occasione del meeting annuale dell’American Association for the Study of Liver Disease, AASLD, nuovi dati clinici sul profilo di efficacia, tollerabilità e sicurezza di Zepatier (elbasvir/grazoprevir), l’antivirale ad azione diretta già approvato in USA, Canada e in Europa per il trattamento dell’HCV nei pazienti adulti con patologia di genotipo 1 o 4. Tra gli studi presentati, emerge l’analisi retrospettiva integrata (Abstract #874) condotta su 11 studi di fase II e III che fanno parte del percorso di sviluppo clinico del farmaco. Tale analisi mira a valutare il profilo di efficacia della combinazione elbasvir/grazoprevir nei pazienti con epatite C cronica di genotipo 1b, il più diffuso in Italia. L’analisi raccoglie i dati di 1.070 pazienti (cirrotici e non, coinfetti e non, naive e già trattati con interferone, ribavirina o un inibitore della proteasi NS3/4A) che hanno assunto il farmaco per 12 settimane raggiungendo un tasso di risposta virologica sostenuta (SVR) media del 97%, che ha raggiunto il 99% nei pazienti con cirrosi compensata.
Lo studio farmaco-economico
Uno studio condotto nel 2016 dalle Università di Palermo e Tor Vergata di Roma (Marcellusi et al.) stima – tra costi diretti e costi indiretti assorbiti dalle patologie HCV-correlate per il Servizio Sanitario Nazionale e per la società italiana – un impatto medio annuo pari a 1,05 miliardi di euro, di cui il 61,4% imputabile a costi indiretti (riduzione della produttività) e il restante 38,6% a costi diretti (cure e assistenza). Su circa 300.mila pazienti diagnosticati, si stimano circa 150.mila soggetti eleggibili al trattamento con i farmaci innovativi. Ampliare i criteri di eleggibilità al trattamento con questi ultimi, a fronte di un maggiore impegno iniziale in termini di risorse, contribuirebbe nel medio-lungo termine ad ammortizzare i costi per il Servizio Sanitario Nazionale dovuti alla natura cronica dell’epatite C. “Abbiamo simulato uno scenario entro un orizzonte temporale di 5-10 anni mettendo a confronto gli attuali criteri restrittivi con una diversa strategia che prevede un allargamento dei criteri a pazienti con epatite cronica e fibrosi F2 – spiega Calogero Cammà, Professore Ordinario di Gastroenterologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Palermo – le principali evidenze emerse sono tre: la quantità di anni di vita salvati è risultata essere maggiore allargando i criteri, si “produce” cioè più salute, che è certamente il primo e più importante obiettivo; trattare un maggior numero di pazienti richiede oggi maggiori risorse, ma c’è un ritorno economico, perché si riducono i costi diretti (ricoveri, trattamenti, complicanze, personale sanitario, etc); allargando i criteri non solo si abbattono questi ultimi ma si riducono in maniera sostanziale anche i costi indiretti, legati alla riduzione della produttività”.